La bacheca della S.S. Lazio 1900
Scudetti (2) 1974 – 2000
Coppa delle Coppe – Uefa Cup Winners Cup (1) 1999
Supercoppa Europea (1) 1999
Coppa Italia (6) 1958 – 1998 – 2000 – 2004 – 2009 – 2013
Supercoppa Italiana (3) 1998 – 2000 – 2009
Le Finali giocate dalla S.S. Lazio
1934: COPPA EUROPA
1958: COPPA ITALIA
1961: COPPA ITALIA
1971: COPPA delle ALPI
1998: COPPA ITALIA
1998: COPPA UEFA
1998: SUPERCOPPA ITALIANA
1999: COPPA delle COPPE
1999: SUPERCOPPA EUROPEA
2000: COPPA ITALIA
2000: SUPERCOPPA ITALIANA
2004: COPPA ITALIA
2004: SUPERCOPPA ITALIANA
2009: COPPA ITALIA
2009: SUPERCOPPA ITALIANA
2013: COPPA ITALIA
2013: SUPERCOPPA ITALIANA
« La Lazio è un ente morale, molto di più rispetto ad una semplice società di calcio. »
Giorgio Vaccaro (San Marzanotto d’Asti, 12 ottobre 1892 – Roma, 25 settembre 1983) è stato un atleta e dirigente sportivo italiano.
Giunse a Roma da bambino e da romano d’adozione arrivò a toccare le massime gerarchie dello sport italiano attraverso una serie di esperienze che ne hanno documentato le capacità come atleta praticante (da giovane fu buon pugile, schermidore e ciclista) e la competenza come dirigente. Amante degli sport in genere, da Consigliere Nazionale della Corporazione-Spettacolo e della Federazione Italiana Scherma, divenne il primo presidente della Federazione Italiana Rugby, segretario del CONI, presidente della Federcalcio e membro del CIO.
Fu l’organizzatore delle vittorie mondiali italiane ai mondiali del 1934 e del 1938 e del trionfo Olimpico del 1936. Patito del calcio, si avvicinò alla Lazio negli anni venti. Due i motivi secondo Giorgio e Alessandro Vaccaro (Paco), nipoti di Giorgio Vaccaro come narrato in Calcio Romanus Sum di Piero Strabioni: “La Lazio incarnava l’ideale di purezza sportiva e lealtà a cui uno sportivo come lui non poteva restare indifferente ed inoltre gli sembrò naturale porre la sua abilità da dirigente al servizio della società più antica della città”.
Alla sua figura si lega più di un aneddoto biancoceleste, il più celebre e determinante fu quando impedì nel 1927 la fusione della S.S. Lazio con tre altre squadre romane (Alba, Fortitudo e Roman) per creare la A.S. Roma: nel 1927 arrivò l’ordine di Mussolini di unire tutte le squadre romane – Lazio compresa – in un’unica società, l’A.s. Roma, che avrebbe avuto i colori della municipalità, il giallo e il rosso. Il presidente della neonata società sarebbe stato il Federale di Roma Italo Foschi e il campo la Rondinella. Le altre tre società diedero il loro consenso, d’altra parte esse avevano già assorbito altre realtà: la Fortitudo aveva assorbito la Pro Roma e la Romana (dando alla luce la Società Sportiva Fascista Fortitudo Pro Roma) e l’Alba aveva fatto lo stesso con la Juventus e l’Audace, dando alla luce la società Alba-Audace. Anche la Lazio fu convocata da Foschi “per urgenti comunicazioni”, e fu allora che la dirigenza della Lazio si affidò al console Vaccaro per veder scongiurata tale ipotesi.
Vaccaro riuscì ad evitare la fusione facendosi eleggere vicepresidente del club e andando così ad incontrare personalmente il gerarca fascista Italo Foschi, l’ideatore del progetto A.S. Roma. Vaccaro era per l’emulazione cittadina e disse a Foschi di accettare la proposta solo se la nuova squadra si fosse chiamata “Lazio” ed avesse mantenuto i colori del cielo: “Perché la Lazio è un Ente Morale, molto di più rispetto ad una semplice società di calcio” furono le parole con cui Vaccaro liquidò Foschi e impedì la sparizione della squadra attualmente più antica della Capitale. Il 25 settembre 1983, dopo una vita dedicata allo sport italiano e soprattutto alla S.S. Lazio, passò a miglior vita, recando con sé la carica di Presidente Generale della Società, ricevuta l’anno precedente.
Il segretario del partito fascista ha avuto un’idea riunire in una sola società tutte le maggiori forze calcistiche della capitale. Insomma: Lazio, Alba, Fortitudo e Roman debbono fondersi per dar luogo alla Associazione Sportiva Roma, con i colori della città, il giallo e il rosso. Giugno si avvia verso la fine, quando nella sede della Lazio viene recapitato la convocazione presso la sede della federazione fascista. Se fosse stata lanciata una bomba, le conseguenze sarebbero state meno atroci per i laziali. Bitetti si precipita nell’ufficio del capo di stato maggiore, il console Vaccaro, temprato socio laziale, minuti di assoluto silenzio precedono la spregiudicata risoluzione. Finalmente Vaccaro trova la scialuppa di salvataggio:
“Guarda c’e solo una strada. Nominiamo il generale Varini presidente ed il sottoscritto vicepresidente”.
L’indomani Vaccaro si reca nello studio del federale questi mostra meraviglia: “Ciao cosa vuoi?”
Vaccaro: “Sei tu che mi hai mandato a chiamare”
Foschi: “Io quando?”
Vaccaro: “Come no? ecco qui la tua convocazione”
Foschi: “Ah è per la Lazio. Ma io ho convocato il presidente”
Vaccaro: “Esatto. Da ieri sera il presidente è il generale Varini ed io sono il suo vice. Dunque che c’e?”
Foschi: “Beh, guarda, dobbiamo creare a Roma una grande società e una grande squadra. Già Alba, Fortitudo e Roman sono pronte alla fusione. Con voi siamo al completo, anche perché avete un bel campo.”
Vaccaro: “Tutto è possibile. Ma quali sono le condizioni?”
Foschi: “Presidente nominiamo la medaglia d’oro Ulisse Igliori”
Vaccaro: “D’accordo. E i colori?”
Foschi: “E’ naturale che siano quelli di Roma, giallorossi”
Vaccaro: “Ah capisco, come si chiamerebbe questa società?”
Foschi: “E come vuoi che si chiami, Porta i colori di Roma e deve chiamarsi Roma”
Vaccaro: “Sicché la Lazio sparisce. La nuova società prende i colori di Roma, il nome di Roma e il campo della Lazio. Ma dimentichi un particolare: la Lazio è costituita in Ente Morale. Perciò penso che la fusione si possa prendere in considerazione, ma solo con il nome della Lazio, tanto più che Roma è appunto nel Lazio. Per quanto debba confessarti che personalmente sono contrario per principio alla fusione, perché due squadre creano una forte emulazione e l’emulazione è la base dello sport.”
Foschi: “Ho capito perfettamente, non se ne fa niente”
GRAZIE GENERALE!!!
La Società Sportiva Lazio è la più antica e gloriosa Polisportiva d’Italia, seconda in Europa solo al Barcellona
Le sezioni:
Arti Marziali
Atletica Leggera
Attività Subacquea
Badminton
Baseball e Softball
Calcio a 5
Calcio Femminile
Canottaggio
Ciclismo
Cricket
Equitazione
Escursionismo
Handicap
Ginnastica
Hockey su prato
Master Calcio a 5
Nuoto, pallanuoto e tuffi
Nuoto Master
Pallacanestro
Pallamano
Pallavolo
Paracadutismo
Pattinaggio
Pugilato
Rugby
Scacchi
Tennis
Tennistavolo
Tiro con l’arco
Triathlon
Volo da diporto
ROSA 2014/2015 Allenatore: Stefano Pioli
Etrit Berisha
Guido Guerrieri
Federico Marchetti
Thomas Strakosha
Milos Antic
Dusan Basta
Edson Braafheid
Luis Pedro Cavanda
Michael Ciani
Stefan De Vrij
Josip Elez
Santiago Juan Gentiletti
Abdoulay Konko
Diego Martin Novaretti
Stefan Radu
Lucas Biglia
Lorik Cana
Antonio Candreva
Danilo Cataldi
Honorato Campos Ederson
Alvaro Gonzalez
Cristian Ledesma
Senad Lulic
Stefano Mauri
Christopher James Oikonomidis
Ogenyi Onazi
Marco Parolo
Bruno Pereirinha
Filip Djordjevic
Balde Diao Keita
Miroslav Klose
Mamadou Tounkara
NOME SOCIETA’ S.S. Lazio S.p.A.
ANNO DI FONDAZIONE 1900
SEDE Via di Santa Cornelia 1000, 00060 Formello (Roma)
TELEFONO CENTRALINO +39 06/97.60.71.11
FAX DIREZIONE CENTRO SPORTIVO FORMELLO +39 06/97.60.72.21
FAX SEGRETERIA GENERALE +39 06/90.40.00.22
FAX SETTORE GIOVANILE +39 06/97.60.75.10
E-MAIL SETTORE GIOVANILE settore.giovanile@sslazio.it
FAX UFFICIO STAMPA +39 06/97.607.409
PRONTO LAZIO (INFO BIGLIETTERIA) +39 06/32.37.333
INFO ABBONAMENTI 892.982 (servizio a pagamento)
FAX UFFICIO BIGLIETTERIA +39 06/32.37.371
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STADIO OLIMPICO di Roma – via del Foro Italico – 00194
CENTRALINO CONI +39 06/36.85.1
CONSIGLIO DI GESTIONE
Presidente Dott. Claudio Lotito
Consigliere Dott. Marco Moschini
CONSIGLIO DI SORVEGLIANZA
Presidente Prof. Corrado Caruso
Vice-Presidente Prof. Alberto Incollingo
Consigliere Prof. Fabio Bassan
Consigliere Prof. Vincenzo Sanguigni
Consigliere Avv. Silvia Venturini
STRUTTURA ORGANIZZATIVA
Presidente Dott. Claudio Lotito
Segretario Generale Sig. Armando Antonio Calveri
Direzione Amm.va e Controllo di Gestione / Investor Relator Dott. Marco Cavaliere
Direzione Legale e Contenziosi Dott.ssa Francesca Miele
Direzione Organizzativa Centro Sportivo di Formello, Uffici, Country Club, Stadio Sig. Giovanni Russo
Delegato Sicurezza Stadio / R.S.P.P. Sig. Sergio Pinata
Responsabile Biglietteria Sig. Angelo Cragnotti
Direzione Settore Giovanile Gen. Giulio Coletta
STRUTTURA FORMATIVA QUALIFICATA STEWARD (D.M. 08/08/2007)
Direttore Struttura Sig. Giovanni Russo
Direttore Corsi Sig. Sergio Pinata
Segreteria Corsi Sig. Stefano Bucci
Tutor Sig. Marco Bordini
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Indirizzo Via di Santa Cornelia 1000, 00060 Formello (Roma)
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Coordinatore Marketing, Sponsorizzazioni ed Eventi Dott. Marco Canigiani
Area Marketing Dott. Massimiliano Burali d’Arezzo – Dott.ssa Laura Silvia Zaccheo
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Responsabile Comunicazione/Stampa Dr. Stefano De Martino
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La storia ed il percorso della Nobile Maglia della Società Sportiva Lazio dal 1900 ad oggi.
E FU IL PRIMO DERBY.
La vignetta mostra Sante Ancherani, primo centr’attacco della Società Podistica Lazio, prima del Derby con la Virtus. La maglia a scacchi è la pioniera.
LO SPONSOR PIU’ NOBILE.
La Lazio in casacca bianca con la scritta nera L A Z I O, maglia che sarà utilizzata per tutte le discipline della Polisportiva.
TRE VITTORIE IN UN GIORNO.
Torneo di Pisa, la Lazio vince tre partite in un giorno e si fa un nome al di fuori dei confini regionali. Siamo nel 1907 e la trasferta viene organizzata in fretta e furia, tanto che gli atleti scendono in campo praticamente con abiti “civili”.
IL PRIMO LOGO.
Nel 1920 vediamo Saraceni indossare una maglia azzurra piuttosto grezza, impreziosita dal primo logo personalizzato formato dalle tre lettere SPL (Società Podistica Lazio) che si intrecciano, tale logo sarà poi copiato dalla nascitura Roma. La personalizzazione del logo rende questa maglia originale e unica.
LA LAZIO DEL VENTENNIO.
Nel 1930 in pieno ventennio, vediamo il terzino Mattei, molto amato dai tifosi di allora, sfoggiare sul petto lo scudetto con tanto di Fascio Littorio.
LA BRASILAZIO.
Nel 1931 la squadra è formata in gran parte da oriundi brasiliani e viene così soprannominata Brasilazio. I “brasilaziali” scendono in campo con una casacca molto “argentine” con strisce larghe verticali bianche e celesti.
LA LAZIO DI PIOLA.
Nel 1935 arriva alla Lazio quello che divnterà il più grande centravanti della Storia: Silvio Piola. Indimenticabili le gesta del grande Silvio così come inconfondibile è la tipica maglia con scollo a “V” bianco, la classica della Lazio.
LAZIO IN CAMICIA.
All’inizio degli anni ’50 c’è un esperimento interessante in fatto di look, il ritorno della camicia dopo quella indossata dai pionieri del 1902.
LA COPPA ITALIA.
La Lazio si aggiuduca la Coppa Italia a Roma contro la Fiorentina e scende in campo con quella che per quasi 50 anni è stata la maglia da trasferta, bianca con bordi celesti impreziosita dai pantaloni celesti indossati nella foto dalla punta di diamante Humberto Tozzi.
LAZIO IN “LACOSTE”.
Qui vediamo Nello Governato nel 63/64 indossare una maglia blu notte che non è altro che la classica “Lacoste”, manca ovviamente il coccodrillo.
CAMPIONI D’ITALIA.
Giorgio Chinaglia sfida i cugini dopo un golnel derby! E’ il 1974, l’anno dello Scudetto. La maglia è la più semplice di tutte celeste con i pantaloncini e i calzettoni bianchi, la più classica di tutte le maglie.
IL TRIANGOLO.
Gigi Martini indossa la maglia fregiata dal Tricolore che mette in risalto un altro triangolo, oltre allo Scudetto, che costituisce lo scollo. E’ un taglio particolare che non sarà più riproposto, senza scudetto non sarebbe stata la stessa cosa.
IL PRIMO SPONSOR TECNICO
Nel 1977 vediamo una delle bandiere della nostra storia, Renzo Garlaschelli (inedito capitano) indossare una maglia che viene prodotta come tutto il materiale tecnico dalla “Ennerre”.
LA PRIMA AQUILA SUL PETTO.
Nel 79/80 Pino Wilson, il Capitano per eccellenza, indossa la maglia creata dalla “Pouchain” dove spicca sul petto la prima Aquila stilizzata. Questa sarà il simbolo della Lazio fino al 1982.
ARRIVANO GLI SPONSOR.
Nel 1981 appare sulle maglie delle squadre di calcio lo sponsor ufficiale. La Lazio esordisce con una ditta di Grissini: la “Tonini”. Cambia anche lo sponsor tecnico che per due stagioni sarà l'”Adidas”.
LE MAGLIE BANDIERA.
Nel campionato 82/83 la Lazio torna finalmente in serie A. Molto importante in questa stagione il contributo di Claudio Ambu che si sacrifica nel ruolo di spalla di Bruno Giordano. Per questa stagione la “Ennerre” torna ad essere lo sponsor tecnico della Lazio e crea le “maglie-bandiera” che hanno un impatto visivo non indifferente. Forse le più belle.
LAZIO IN VERDE.
La seconda maglia del campionato 82/83 non può di certo essere bianca quindi ne viene creata una Verde assolutamente indedita che vediamo indossata da Enrico Vella nell’unica partita in cui fu utilizzata: Lazio-Como 0-0. In pochi videro questa maglia in quanto allora la Domenica Sportiva trasmetteva solo i gol per la serie B e la partita finì appunto a reti inviolate.
LAZIO IN ROSSO.
Nel 1982/83 viene creata per la prima volta una terza maglia che vediamo indossata da Renato Miele (difensore col vizio dell’autogol). Questa creazione venne utilizzata solo per l’amichevole tra la Lazio e la Nazionale Under21 di Giordano al Flaminio, terminata 1 a 1.
IL MENO NOVE.
Nel campionato 86/87, penalizzata di 9 punti, la Lazio compie il miracolo di salvarsi dalla serie C solo agli spareggi di Napoli ma per arrivare a quell’appuntamento è vitale il gol di Fiorini contro il Vicenza a 7 minuti dalla fine della nostra Storia! La “Tuttosport”, nuovo sponsor tecnico ripropone le “maglie-bandiera”.
NASCE IL MERCHANDISING.
Dalla stagione 89/90 lo sponsor tecnico è l’inglese “Umbro” che rivoluziona il look delle maglie con prodotti di qualità superiore per lanciare la filosofia del Merchandising. Qui vediamo Karl Heinz Riedle.
ECCO CRAGNOTTI.
La stagione 92/93 è la prima costruita da Sergio Cragnotti che ci riporta in Europa dopo 17 anni di attesa grazie ai goal del suo più grande acquisto, il Re della Nord, Beppe Signori.
UN TUFFO NEL BLU.
Nel 1994/95 la seconda maglia è una vera e propria creatura della “Umbro”. Viene infatti rispolverato il blu notte interrotto però dal celeste delle maniche e da un’inedita banda trasversale sul petto. In quella stagione arriva Rambaudi.
NUVOLE BIANCOCELESTI.
Una delle invenzioni più strane della “Umbro” la vediamo indossare da Alen Boksic e viene utilizzata come muta da trasferta nelle stagioni 96/97 e 97/98. La maglia anch’essa blu notte presenta un intreccio di nuvole sulle spalle che nasconde parzialmente la scritta S.S.LAZIO.
AD UN SOFFIO DALL’APOTEOSI.
Nel 98/99 lo sponsor tecnico è la “Puma” che crea delle maglie rivoluzionarie per Lazio. Anche la stagione sembra stravolgere i canoni della storia biancoceleste che, dopo aver vinto Supercoppa di Lega e Coppa delle Coppe, sfiora uno Scudetto sacrosanto per un solo punto. Uno dei protagonisti di questa cavalcata è il centrocampista argentino Mathias Almeyda, inesauribile sradica palloni.
LA COPPA DELLE COPPE.
La Lazio vince il suo primo trofeo Europeo, la Coppa delle Coppe 98/99. Nella finale col Real Majorca è decisivo Vieri che gioca una partita alla Piola con tanto di benda insanguinata. Questa partita viene giocata dalla Lazio con una maglia gialla su cui sicuramente il logo rosso della “Del Monte”, sponsor di Coppa.
LA CHAMPION’S LEAGUE.
Ecco, indossata da Marcelo Salas la maglia che accompagna la Lazio nella sua prima Coppa dei Campioni. Questa lazialissima divisa, un vero e proprio trionfo di bianco e celeste, esordisce nella vittoriosa finale di SuperCoppa Europea a Montecarlo contro il Manchester United, Campione d’Europa, dove è proprio Salas il protagonista segnando l’unico gol della partita.
LA CAVALCATA TRICOLORE.
“I Campioni dell’Italia siamo noi”: questo è l’inno alla gioia dei tifosi biancocelesti alla fine della stagione 1999-2000, quella del Centenario della Polisportiva Biancoceleste. I primi 100 anni di vita della nostra amata Lazio vengono suggellati nel modo che ogni tifoso ha sempre sognato! La “Puma” festeggia l’avvenimento con una divisa che punta sull’eleganza e la semplicità. Il fuoriclasse argentino Juan Sebastian Veron vince il nostro secondo Scudetto con una divisa completamente
Evoluzione di un simbolo nobile e glorioso
Nasce la Lazio e questo è il suo nuovo simbolo adottato da Luigi Bigiarelli e gli altri soci fondatori.
Dopo 10 anni la lazio cambia simbolo ed appare, per la prima volta, la dicitura Roma.
Durante il Ventennio Fascista nel simbolo della Lazio appare il Fascio Littorio.
Dal dopo-guerra e fino agli anni ’70 il simbolo della Lazio è questo.
Sono gli anni ’80, gli anni bui, per la Lazio, ed il suo simbolo appare stilizzato. Nonostante per la Lazio sia il periodo più buio della storia, la gente si affeziona a quel simbolo e a quelle maglie stilizzate.
La Lazio torna in serie “A” e il simbolo torna ad essere simile a quello degli anni ’50-’60-’70. Il Presidente è Gianmarco Calleri.
Arriva Cragnotti, che porta novità, non solo in ambito sportivo e societario ma anche nel simbolo, più stilizzato del precedente
La società sportiva Lazio compie 100 anni, questo è il simbolo che commemora l’avento!
Il simbolo di oggi lo conosciamo tutti…
1904-1924 Fortunato BALLERINI
1924-1925 Giorgio GUGLIELMI
1925-1926 Gerardo BRANCA
1926-1927 Riccardo BARISONZO
1927-1932 Remo ZENOBI
1932-1933 Alfredo PALMIERI
1933-1935 Remo ZENOBI
1935-1938 Eugenio GUALDI
1938-1939 Remo ZENOBI
1939-1941 Andrea ERCOLI
1941-1943 Giovanni MINOTTO
1945-1947 Andrea ERCOLI
1947-1948 Renato BORNIGGIA
1948-1949 Giovanni MAZZITELLI
1949-1953 Remo ZENOBI
1953-1956 Costantino TESSAROLO
1956-1960 Leonardo SILIATO
1960-1962 Massimo GIOVANNINI
1962-1963 Ernesto BRIVIO
1963-1965 Angelo MICELI
1965-1966 Giorgio VACCARO
1966-1980 Umberto LENZINI
1980-1981 Aldo LENZINI
1981-1983 Gian Chiaron CASONI
1983-1986 Giorgio CHINAGLIA
1986-1992 Gianmarco CALLERI
1992-1994 Sergio CRAGNOTTI
1994-1998 Dino ZOFF
1998-2003 Sergio CRAGNOTTI
2003-2004 Ugo LONGO
2004-Oggi Claudio LOTITO
Gli allenatori che si sono susseguiti da quando c’è il girone unico.
1929-30 Pietro PISELLI
1930-31 Ferenc MOLNAR
1931-32 Amilcar BARBURY
1932-34 Karl STURMER
1934-36 Walter ALT
1936-39 Joszef VIOLA
1939 – Luigi ALLEMANDI
1939-41 Geza KERTESZ
1941 – Ferec MOLNAR
1941 – Dino CANESTRI
1941-43 Aleksandr POPOVICH
1945-48 Toni CARGNELLI
1948-49 Orlando TOGNOTTI
1949-51 Mario SPERONE
1951-53 Giuseppe BISOGNO
1953-54 Mario SPERONE
1954-55 Federico ALLASSIO
1955 – George RAYNOR
1955 – Roberto COPERNICO
1955-56 Luigi FERRERO
1956 – Roberto COPERNICO
1956 – Luigi FERRERO
1956-57 Jesse CARVER
1957-58 Milovan CIRIC
1958 - Alfredo MONZA
1958-61 Fulvio BERNARDINI
1961 – Enrico FLAMINI
1961 – Jesse CARVER
1961-62 Paolo TODESCHINI
1962 - Alfonso RICCIARDI
1962-63 Carlo Facchini
1963-64 Juan Carlos LORENZO
1964-67 Umberto MANNOCCI
1967 – Maino NERI
1967-68 Renato GEI
1968 – Roberto LOVATI
1968-71 Juan Carlos LORENZO
1971-75 Tommaso MAESTRELLI
1975-76 Giulio CORSINI
1976 – Tommaso MAESTRELLI
1976-78 Luis VINICIO
1978-78 Roberto LOVATI
1980-82 Ilario CASTAGNER
1982-83 Roberto CLAGLUNA
1983-84 Giancarlo MORRONE
1984-85 Paolo CAROSI
1985 – Juan Carlos LORENZO
1985 – Giancarlo ODDI
1985 – Roberto LOVATI
1985-86 Luigi SIMONI
1986-88 Eugenio FASCETTI
1988-90 Giuseppe MATERAZZI
1990-94 Dino ZOFF
1994-97 Zdenek ZEMAN
1997 – Dino ZOFF
1997-2001 Sven Goran ERIKSSON
2001-02 Dino ZOFF
2002 – Alberto ZACCHERONI
2002-04 Roberto MANCINI
2004 – Domenico CASO
2004-05 Giuseppe PAPADOPULO
2006-09 Delio ROSSI
2009-10 Davide BALLARDINI
2009-10 Edy REJA
2011-12 Edoardo REJA
2012-13 Vladimir PETKOVIC
2013-14 Vladimir PETKOVIC,poi dalla 17ª Italia Edoardo REJA
2014-15 Stefano PIOLI
Le Sedi
1900 Via Valadier, 6 (oggi 27)
1904 Via Pompeo Magno, 94
1906 Casina del Parco dei Daini
1913 Via delle Coppelle, 16
1914 Via Veneto, 7
1924 Via S.Stefano del Cacco, 16
1925 Via Due Macelli
1926 Via Tacito
1929 Vicolo D’Ascanio
1934 Via Frattina, 89
1958 Viale Rossini, 21
1963 Via Nizza, 45
1966 Via Col di Lana, 8
1987 Via Margutta, 8
1992 Corso d’Italia, 19
1995 Via Novaro, 32
1998 Via S.Cornelia, 14 (Formello)
2001 Via Valenzani, 10
Gli Stadi
1902 Piazza d’Armi
1906 Parco dei Daini
1913 Farnesina
1914 Rondinella
1931 Stadio del P.N.F.
1945 Stadio Torino
1953 Stadio Olimpico
1989 Stadio Flaminio
1990 Stadio Olimpico
I campi di allenamento
1902 Piazza d’Armi
1906 Parco dei Daini
1913 Farnesina
1914 Rondinella
1958 Tor di Quinto
1996 Formello
Album fotografico delle formazioni che si sono imposte sui campi d’Italia e d’Europa
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E’ il 1902 e a Roma si gioca il primo derby calcistico della storia di Roma. La Lazio si impone per 3-0, con tre reti di Ancherani sulla neonata Virtus.
Balestrieri(con il pallone), Grassi, Pellegrini, D’Amico, Marini, Golini, Grifoni, Masini. Seduti: Bitetti, Dupont, Bigazzi (che nella sua divisa simboleggia il fondatore, Bigiarelli), Baccani, Pollina. A Terra:Ricci, Valle, Ancherani.
Nel 1907 la Lazio è invitata in Toscana per partecipare ad un quadrangolare con Pisa Lucchese e Livorno. In un solo giorno la Lazio vincerà tutte e tre le partite, aggiudicandosi il suo primo trofeo.
Faccani, Marrajeni, Dos Santos, Bompiani, Omodei, Federici. In basso: Pellegrini, Corelli II, Ancherani (capitano), Saraceni, Corelli I.
E’ il 1958 e davanti a 60000 tifosi la Lazio batte nella finale di Coppa Italia la Fiorentina grazie ad un gol di Prini, aggiudicandosi così, il suo primo, prestigioso, trofeo nazionale.
Formazione: Lovati, Lo Buono, Janich, Carradori, Pinardi, Pozzan, Bizzarri, Tagnin, Tozzi, Fumagalli, Prini
La Lazio è appena tornata in serie A e lotta fino all’ultimo con le grandi per un sogno che vedrà sfumare all’ultima giornata perdendo a Napoli a favore di una Juventus che, quella domenica, passeggerà all’Olimpico contro la Roma…
Formazione: Pulici, Facco, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi, D’Amico.
La più grande Lazio della storia, quella che nel 1974, conquista quel sogno che le era stato scippato un’anno prima dalla Juve. Tutti la credevano una meteora ma nessuno aveva considerato… Giorgio Chinaglia.
Formazione: Pulici, Petrelli, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi, D’Amico.
La Lazio per la prima volta nella sua storia si schiera con lo scudetto sul petto. Onorerà il tricolore con un bel 4° posto.
Formazione: Pulici, Petrelli, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi, D’Amico.
La Lazio di Fascetti, quella che nel 1987 riuscì nell’impresa di restare in serie “B” con 9 punti di penalizzazione, i tifosi laziali esposero lo striscione: “Nove punti non sono stati sufficienti… la prossima volta datecene venti!”.
Formazione: Terraneo, Piscedda, Podavini, Pin, Gregucci, Marino, Poli, Acerbis, Fiorini, Caso, Mandelli.
Dopo quarant’anni la Lazio torna a vincere la Coppa Italia, ribaltando lo 0-1 di Milano e il momentaneo 0-1 di Roma, imponendosi per 3 a 1 sul Milan.
Formazione: Marchegiani, Grandoni (dal 50′ Gottardi), Nesta, Negro, Favalli, Fuser, Venturin, Jugovic, Nedved ( dal 92′ Marcolin), Casiraghi, Mancini (dall’87 Lopez).
Lazio regina d’Europa, così titolano i giornali, dopo l’impresa di Montecarlo. La Lazio batte, infatti, gli invincibili reds del Manchester per uno a zero con prodezza di Salas.
Formazione: Marchegiani, Negro, Nesta, Mihajlovic, Pancaro, Stankovic, Veron, Almeyda, Nedved (dal 66′ Simeone), Mancini (dall’84’ Lombardo), Inzaghi (dal 21′ Salas)
Ad appena quattro giorni dalla conquista del tricolore la Lazio, vince anche la Coppa Italia, pareggiando 0 a 0 a Milano con l’Inter, dopo essersi imposta per 2 a 1 a Roma.
Formazione: Ballotta, Pancaro (dall’87 Couto), Nesta, Negro, Favelli, Veron, Sensini, Conceicao, Simeone, Mancini (dall’87 Ravanelli), Inzaghi (dal 46′ Salas).
Dopo aver vinto Scudetto, Supercoppa Europea e Coppa Italia, la Lazio vince anche la SuperCoppa Italiana battendo l’Inter all’Olimpico.
Formazione: Peruzzi, Pancaro (dal 69′ Gottardi), Nesta, Mihajlovic, Favalli, Stankovic (dal 81′ Lombardo), Veron, Simeone, Nedved (dal 52′ Sensini), Crespo, Claudio Lopez.
IL NOSTRO SIMBOLO
L’Aquila, fiera, solitaria, nobile, inarrivabile dominatrice dei cieli, che regna dall’alto e che da lì tutto controlla. Unico emblema dell’Impero Romano.
Il simbolismo dell’aquila secondo Julius Evola
Il simbolismo dell’aquila ha un carattere “tradizionale” in senso superiore. Dettato da precise ragioni analogiche, è fra quelli che testimoniano un “invariante”, cioè un elemento costante e immutabile, in seno ai miti e ai simboli di tutte le civiltà di tipo tradizionale. Le particolari formulazioni che riceve questo tema costante son però naturalmente diverse a seconda delle razze. Qui diciamo subito che il simbolismo dell’aquila nella tradizione delle genti arie ha avuto un carattere spiccatamente “olimpico” ed eroico, cosa che ci proponiamo di chiarire nel presente scritto con un gruppo di riferimenti e di ravvicinamenti.
Circa il carattere “olimpico” del simbolismo dell’aquila, esso risulta già direttamente dal fatto, che quest’animale fu sacro al Dio olimpico per eccellenza, a Zeus, il quale a sua volta non è che la particolare figurazione ario-ellenica (e poi, come Jupiter, ario-romana) della divinità della luce e della regalità venerata da tutti i rami della famiglia aria. A Zeus fu connesso a sua volta un altro simbolo, quello della folgore, cosa che va ricordata, perché vedremo che per tal via esso va a completare non di rado il simbolismo stesso dell’aquila. Ricordiamo anche un altro punto: secondo l’antica visione aria del mondo, l’elemento “olimpico” si definisce soprattutto nella sua antitesi rispetto a quello titanico, tellurico ed anche prometeico. Ora, proprio con la folgore Zeus abbatte, nel mito, i titani. Negli Arii, che vivevano ogni lotta come una specie di riflesso della lotta metafisica fra forze olimpiche e forze titaniche, essi stessi considerandosi come una milizia delle prime, vediamo peraltro aquila e folgore come simboli e insegne che racchiudono, per tal via, un significato profondo e generalmente trascurato.
Secondo l’antica visione aria della vita, l’immortalità è qualcosa di privilegiato: non significa semplice sopravvivenza alla morte, ma partecipazione eroica e regale allo stato di coscienza che definisce la divinità olimpica. Fissiamo alcune corrispondenze. La veduta ora accennata circa l’immortalità è anche propria alla antica tradizione egizia. Solo una parte dell’essere umano è destinata ad una esistenza eterna celeste in stati di gloria – il cosidetto Ba. Ora, questa parte nei geroglifici egizi è raffigurata appunto come un’aquila o uno sparviero (per le condizioni di ambiente, lo sparviero qui è il surrogato dell’aquila, l’appoggio più prossimo offerto dal mondo fisico per esprimere la stessa idea). È sotto forma di sparviero, che nel rituale contenuto nel Libro dei Morti l’anima trasfigurata del morto incute spavento agli stessi dèi e può pronunciare queste parole superbe: “Io son sorto a similitudine di sparviero o di aquila divina ed Oro mi ha fatto partecipe secondo simiglianza dello spirito suo, a che prenda possesso di quel che nell’altro mondo corrisponde ad Osiride”. Questo retaggio superterreno corrisponde esattamente all’elemento olimpico. Infatti nel mito egizio Osiride è una figura divina che corrisponde allo stato primordiale “solare” dello spirito, il quale, dopo aver subito alterazione e corruzione (uccisione e dilaceramento di Osiride), viene restaurato da Oro. Il morto consegue l’indiamento immortalante partecipando della forza restauratrice di Oro, che riconduce ad Osiride, che provoca il “risorgere” o il “ricomporsi” di Osiride.
A questo punto, è facile constatare corrispondenze molteplici di tradizioni e di simboli. Nel mito ellenico, si comprende, a tale stregua, che da “aquile”, esseri, come Ganimede, siano stati rapiti al trono di Zeus. Per mezzo di aquile, nell’antica tradizione persiana, il re Kei-Kaus tentò prometeicamente di innalzarsi al cielo. Nella tradizione indo-aria è l’aquila che porta ad Indra la mistica bevanda che lo costituirà a signore degli dèi. La tradizione classica qui aggiunge un particolare suggestivo: per essa, benché inesattamente, l’aquila valeva come l’unico animale che poteva fissare il sole senza abbassare gli occhi.
Ciò chiarisce la parte che l’aquila ha in alcune redazioni della leggenda prometeica. Prometeo vi appare non come colui che è veramente qualificato per far proprio il fuoco olimpico, ma come colui, che, restando di natura “titanica”, vuole usurparlo e farne cosa non più da “dèi”, ma da uomini. Per pena, nelle redazioni della leggenda cui alludiamo, il Prometeo incatenato ha il fegato continuamente divorato da un’aquila. L’aquila, animale sacro del Dio olimpico, associato alla folgore stessa che abbatte i titani, ci appare qui come una figurazione equivalente allo stesso fuoco, che Prometeo voleva far suo. Si tratta cioè di una specie di castigo immanente. Prometeo non ha la natura dell’aquila, che può fissare impunemente e “olimpicamente” la luce suprema. La stessa forza che volle far sua, diviene il principio del suo tormento e del suo castigo. E qui si aprirebbe una via per comprendere la tragedia interiore di vari esponenti moderni della dottrina di un superuomismo titanico, ossessi e vittime della loro stessa idea, partendo da Nietzsche e da Dostojewskij, e con particolare riguardo, anche, agli eroi caratteristici dei romanzi di quest’ultimo.
Tornando al mondo del mito ariano, troviamo nell’antica tradizione indù una variante di quello prometeico. Agni, sotto forma di aquila o di sparviero, strappa un ramo dell’albero cosmico, ripetendo il gesto, che nel mito semita Adamo compì per “rendersi simile agli dèi”. Agni, che a sua volta è una personificazione del fuoco, viene colpito. Dalle sue piume cadute al suolo sorge però il seme di una pianta che produrrà il “soma terrestre”. Ma il soma è un equivalente della ambrosia, è la sostanza simbolica che indìa, che propizia una partecipazione allo stato “olimpico”. La struttura del mito ario, benché in forma più involuta, ripete quella che già abbiamo analizzata nel mito egizio (offuscamento di Osiride, resurrezione per mezzo di Oro). Si può parlare di un tentativo prometeico fallito in un primo tempo, poi “rettificato” e fatto seme di una giusta realizzazione dello stesso fine.
Nella tradizione irano-aria l’aquila figura spesso come una incarnazione della “gloria” dello hvarenô che, come in altra occasione ricordammo, per quelle razze non valse come una astrazione, bensì come una forza mistica e un potere reale dall’alto, che scende sui sovrani e sui capi, li fa partecipi della natura immortale e li testimonia con la vittoria. Questa “gloria” aria, personificata dall’aquila, non sopporta lesioni dell’etica virile propria alla tradizione mazdea. Così il mito riferisce, che sotto forma di aquila essa si dipartì dal re Yima allorché questi si contaminò con una menzogna. Sulla base di siffatte corrispondenze di significato e di simboli la parte che in Roma antica ebbe l’aquila risulta in una particolare luce. Il rito dell’apoteosi imperiale romana è una prima testimonianza ed una precisa conferma dell’aderenza della romanità all’ideale olimpico. In tale rito proprio il volo di un’aquila dalla pira funeraria simboleggiava infatti il trapasso allo stato di “dio” dell’anima dell’imperatore morto. Ricordiamo i particolari di questo rito, che fu ripetuto sull’esempio di quello originario celebratosi alla morte di Augusto.
Il corpo dell’imperatore morto veniva racchiuso in una bara coperta di porpora, portata da una lettiga d’oro e d’avorio. Veniva deposto in una pira costituita al Campo di Marte e circondata da sacerdoti. Si svolgeva allora la cosiddetta decursio, su cui subito diremo. Dato fuoco alla pira, un’aquila si liberava dalle fiamme, e si pensava che in quell’istante l’anima del morto simbolicamente s’innalzasse verso le regioni celesti, per esser accolta fra gli Olimpici. La decursio, cui ora si è accennato, era la corsa di truppe, di cavalieri e di capi intorno alla pira dell’imperatore, sulla quale essi gittavano le ricompense ricevute per il loro valore. Anche in questo rito si cela un significato profondo. Era credenza aria e romana, che nei capi fosse la vera forza decisiva per la vittoria; cioè, non tanto nei capi come persona, quanto nell’elemento sovrannaturale, “olimpico” ad essi attribuito. Per questo, nella cerimonia romana del trionfo il duce vincitore assumeva i simboli del dio olimpico, di Jupiter, e al tempio di questo dio andava a rimettere i lauri della vittoria, volendo con ciò esprimere il vero autore della vittoria, ben distinto dalla sua parte semplicemente umana. Nella decursio avveniva una “remissione” analoga: i soldati e i capi restituivano le ricompense che ricordavano il loro coraggio e la loro forza vincitrice all’imperatore come a colui che, nella sua potenzialità “olimpica”, ora sul punto di liberarsi e di transumanarsi, ne era stato la vera origine.
Ciò ci conduce ad esaminare la seconda testimonianza dello spirito “olimpico” della romanità, parimenti controsegnato del simbolismo ario dell’aquila. Era tradizione classica che colui, su cui si posasse l’aquila fosse predestinato da Zeus ad alti destini o alla regalità, volendosi con ciò indicare il presupposto “olimpico” della legittimità degli uni o dell’altra. Ma era parimenti tradizione classica, e poi specificamente romana, che l’aquila fosse segno di vittoria, col che, parimenti, vengono in risalto i presupposti “olimpici” della concezione stessa della lotta e della vittoria, cioè l’idea, che attraverso la vittoria della gente aria e romana fossero le forze stesse della divinità olimpica, del dio di luce, a vincere; la vittoria degli uomini, riflesso di quella stessa di Zeus su forze antiolimpiche e “barbariche”, era preannunciata dall’apparire dell’animale stesso di Zeus, dall’aquila.
Ecco la base per comprendere adeguatamente, in relazione a significati profondi d’origine tradizionale e sacrale, e non a vuote allegorie, la parte che l’aquila aveva fra le insegne degli eserciti romani, presso signa e vexilla, fin dalle origini. Fin dall’epoca repubblicana l’aquila fu in Roma come l’insegna delle legioni – veniva detto: “un’aquila per legione e nessuna legione senz’aquila”. In particolare, l’insegna era costituita dall’aquila con le ali spiegate e, in più, con una folgore fra gli artigli. Vien così confermato rigorosamente il simbolismo “olimpico” già detto: presso all’animale sacro di Giove è il segno della sua stessa forza, di quella folgore, con la quale egli combatte e stermina i titani. Dettaglio degno di rilievo, le insegne delle truppe barbariche non avevano aquila: nei signa auxiliarium troviamo invece animali sacri o “totemici”, rifacentisi ad altre influenze, quali il toro o l’ariete. Solo in un periodo successivo questi segni s’infiltrarono nella stessa romanità associandosi all’aquila e dando luogo, spesso, ad un simbolismo doppio: il secondo animale aggiunto all’aquila nelle insegne di una data legione stava allora in relazione con una caratteristica di essa, mentre l’aquila si rifaceva al simbolo generale di Roma. Nel periodo imperiale, peraltro, l’aquila, da insegna militare, divenne spesso simbolo per lo stesso Imperium.
Noi sappiamo la parte che nella storia successiva il simbolo dell’aquila ha avuto nei popoli nordici e germanici. Questo simbolo sembra quasi aver abbandonato per un lungo periodo il suolo romano ed esser trasmigrato fra le razze germaniche, tanto da apparire a molti come un simbolo essenzialmente nordico. Ciò non è esatto. Si è dimenticata l’origine dell’aquila che figura ancora oggi (1941 – n.d.r.) come emblema della Germania, così come essa fu anche emblema dell’Impero austriaco, ultimo erede del Sacro Romano Impero. Quest’aquila germanica è semplicemente l’aquila romana. Fu Carlomagno nell’800, che nel punto di dichiarare la renovatio romani imperii ne riprese il simbolo fondamentale, l’aquila, e ne fece l’emblema del suo Stato. Storicamente, è dunque null’altro che l’aquila romana quella che si è conservata fino ad oggi come simbolo del Reich. Ciò non impedisce però che, da un punto dì vista più profondo, superstorico, nel riguardo si possa pensare a qualcosa di più che ad una semplice importazione. L’aquila infatti nella mitologia nordica figurava già come uno degli animali sacri ad Odino-Wotan e come questo animale fu aggiunto nelle insegne romane delle legioni, così esso apparve anche nei cimieri degli antichi capi germanici. Si può dunque concepire che mentre Carlomagno nell’assumere l’Aquila a simbolo del risorto impero aveva essenzialmente in vista Roma antica, egli simultaneamente, senza rendersene conto, riprendeva anche un simbolo dell’antica tradizione ario-nordica, conservatasi solo in forma frammentaria e crepuscolare fra i vari ceppi del periodo delle invasioni. In ogni modo, nella storia successiva l’aquila finì con l’avere un valore semplicemente araldico e il suo significato simbolico e morale più profondo e originario fu dimenticato. Come molti altri, divenne un simbolo che sopravviveva a sé stesso e che quindi fu perfino suscettibile a servir da base ad idee molto diverse. Sarebbe quindi assurdo supporre la presenza, sia pur “sonnambolica”, di concezioni, come quelle qui ricordate, dovunque oggi si siano viste aquile in segni ed emblemi europei. Le cose potrebbero stare diversamente per noi, eredi dell’antica romanità, e poi pel popolo, che oggi ci sta a fianco, erede dell’imperio romano-germanico. La conoscenza del significato originario del simbolismo ario dell’Aquila, risorto emblema di entrambe le nostre genti, potrebbe controsegnare anzi il significato più alto della nostra lotta e connettersi con l’impegno, che in questa si ripeta, in una certa misura, la stessa vicenda, nella quale l’antica gente aria, nel segno olimpico ed evocando la forza stessa olimpica sterminatrice di entità oscure e titaniche, potè sentirsi come la milizia di influenze dall’alto ed affermare un superiore diritto e una superiore funzione di dominio e di ordine.
Julius Evola
Il lungo volo dell’Aquila!
1900 ——-» Nasce la Società Podistica Lazio
1900-05 —» Attività calcistica a carattere locale
1906 ——-» 1a nel Torneo Laziale di calcio
1907 ——-» 1a nel Torneo Calcistico Interregionale
1908-09 —» Attività calcistica a carattere locale
1910 ——-» 1a nel Campionato regionale di 3a Categoria
1911 ——-» 1a nel Campionato regionale di 3a Categoria
1912 ——-» 1a nel Campionato regionale di 3a Categoria
1912-13 —» 1a nel Girone Laziale del Campionato Italiano, 1a nel Girone Interregionale Finalista Nazionale (sconfitta dalla Pro Vercelli in finale)
1913-14 —» 1a nel Girone Laziale del Campionato Italiano, 1a nel Girone Interregionale Finalista Nazionale (sconfitta dal Casale in finale)
1914-15 —» 2a nel Girone Laziale del Campionato Italiano, sospeso per la guerra
1916-19 —» Attività sospesa per la guerra
1919-20 —» 3a nel Girone Laziale del Campionato Italiano
1920-21 —» 2a nel Girone Laziale del Campionato Italiano, 3a nel Girone A della semifinale Interregionale
1921-22 —» 2a nel Girone Laziale del Campionato Italiano
1922-23 —» 2a nel Girone Laziale del Campionato Italiano, 1a nel Girone Interregionale B, vincente Finale Sud, Finalista Nazionale (sconfitta dal Genoa in finale)
1923-24 —» 2a nel Girone Laziale del Campionato Italiano, 2a nel Girone A della semifinale Interregionale
1924-25 —» 2a nel Girone Laziale del Campionato Italiano, 2a nel Girone A della semifinale Interregionale
1925-26 —» 3a nel Girone Laziale del Campionato Italiano
1926-27 —» 1a nel Girone D della I Divisione
1927-28 —» 10a nel Girone A del Campionato Nazionale
1928-29 —» 8a nel Girone B del Campionato Nazionale
1929-30 —» 15a in Serie A
1930-31 —» 8a in Serie A
1931-32 —» 13a in Serie A
1932-33 —» 10a in Serie A
1933-34 —» 10a in Serie A
1934-35 —» 5a in Serie A
1935-36 —» 7a in Serie A
1936-37 —» 2a in Serie A
1937-38 —» 8a in Serie A
1938-39 —» 9a in Serie A
1939-40 —» 4a in Serie A
1940-41 —» 14a in Serie A
1941-42 —» 4a in Serie A
1942-43 —» 9a in Serie A
1945-46 —» 7a in Serie A (girone centro-sud)
1946-47 —» 10a in Serie A
1947-48 —» 10a in Serie A
1948-49 —» 13a in Serie A
1949-50 —» 4a in Serie A
1950-51 —» 4a in Serie A
1951-52 —» 4a in Serie A
1952-53 —» 10a in Serie A
1953-54 —» 11a in Serie A
1954-55 —» 12a in Serie A
1955-56 —» 3a in Serie A
1956-57 —» 3a in Serie A
1957-58 —» 12a in Serie A, vince la Coppa Italia
1958-59 —» 11a in Serie A
1959-60 —» 12a in Serie A
1960-61 —» 18a in Serie A. Retrocessa in Serie B
1961-62 —» 4a in Serie B
1962-63 —» 2a in Serie B. Promossa in Serie A
1963-64 —» 8a in Serie A
1964-65 —» 14a in Serie A
1965-66 —» 12a in Serie A
1966-67 —» 15a in Serie A. Retrocessa in Serie B
1967-68 —» 11a in Serie B
1968-69 —» 1a in Serie B. Promossa in Serie A
1969-70 —» 8a in Serie A
1970-71 —» 15a in Serie A. Retrocessa in Serie B
1971-72 —» 2a in Serie B. Promossa in Serie A
1972-73 —» 3a in Serie A
1973-74 —» Campione d’Italia
1974-75 —» 4a in Serie A
1975-76 —» 13a in Serie A
1976-77 —» 5a in Serie A
1977-78 —» 11a in Serie A
1978-79 —» 8a in Serie A
1979-80 —» 13a in Serie A. Retrocessa in Serie B per decisione del Giudice Sportivo
1980-81 —» 4a in Serie B
1981-82 —» 10a in Serie B
1982-83 —» 2a in Serie B. Promossa in Serie A
1983-84 —» 13a in Serie A
1984-85 —» 15a in Serie A. Retrocessa in Serie B
1985-86 —» 12a in Serie B
1986-87 —» 16a in Serie B dopo spareggi
1987-88 —» 3a in Serie B. Promossa in Serie A
1988-89 —» 10a in Serie A
1989-90 —» 9a in Serie A
1990-91 —» 11a in Serie A
1991-92 —» 10a in Serie A
1992-93 —» 5a in Serie A
1993-94 —» 4a in Serie A
1994-95 —» 2a in Serie A
1995-96 —» 3a in Serie A
1996-97 —» 4a in Serie A
1997-98 —» 7a in Serie A, vince la Coppa Italia
1998-99 —» 2a in Serie A, vince la Coppa delle Coppe, vince la Supercoppa Italiana
1999-00 —» Campione d’Italia, vince la Coppa Italia, vince la Supercoppa Europea
2000-01 —» 3a in Serie A, vince la Supercoppa Italiana
2001-02 —» 6a in Serie A
2002-03 —» 4a in Serie A
2003-04 —» 6a in Serie A, vince la Coppa Italia
2004-05 —» 10a in Serie A
2005-06 —» 5a in serie A Retrocessa a 16a per decisione Giudice Sportivo
2006-07 —» 3a in Serie A
2007-08 —» 12a in Serie A
2008-09 —» 10a in Serie A, vince la Coppa Italia
2009-10 —» 12a in Serie A, vince la Supercoppa Italiana
2010-11 —» 5a in Serie A
2011-12 —» 4a in Serie A
2012-13 —» 7a in Serie A, vince la sesta Coppa Italia in finale contro la roma.
2013-14 —» 9a in Serie A
La storia della Lazio raccontata dagli articoli di giornale.
(Clicca sulle immagini per ingrandirle.)
Nasce la Lazio!
Il Messaggero
mercoledì 10 gennaio 1900
Lazio nel Sogno
Corriere dello Sport
lunedì 12 maggio 1974 (faber ’67)
Lazio Tricolore
Il Tempo
lunedì 12 maggio 1974 (faber ’67)
Speciale Campioni
Il Tempo
lunedì 12 maggio 1974 (faber ’67)
Lo scudetto in Campidoglio
Il Tifone,
lunedì 20 maggio 1974 (faber ’67)
Festa promozione
Il Messaggero
lunedi 13 giugno 1983
Cava dei Tirreni: Curva Nord tutta biancazzurra
Corriere dello Sport
lunedi 13 giugno 1983
D’Amico: Sono tornato per questo
Corriere dello Sport
lunedi 13 giugno 1983
Spareggi: La Lazio resta in B!
Corriere dello Sport
lunedi 6 luglio 1987
Il tifo Lazio diventa spot
Corriere dello Sport
lunedi 19 febbraio 1996
Tripudio Lazio
Gazzetta dello Sport
giovedi 30 aprile 1998
Coppa Italia ’98 – LAZIO
Corriere dello Sport
giovedi 30 aprile 1998
Delirio Lazio
Corriere dello Sport
giovedi 30 aprile 1998
Locandina Real Mallora vs s.s.Lazio
La locandina che annuncia l’incontro
Lazio, Inno di Gloria
La Gazzetta dello Sport
giovedi 30 aprile 1998
Lazio straordinaria e regina d’Europa
Il Messaggero
giovedi 30 aprile 1998
La Lazio è regina d’Europa
Il Tempo
giovedi 30 aprile 1998
Juventus Campione d’Italia 1999/00
A 15 giorni dalla fine del campionato, esce in edicola uno speciale per la Juventus Campione d’Italia
Delirio: Lazio Campione
Gazzetta dello Sport
lunedi 15 maggio 2000
Grazie Lazio
Corriere dello Sport
lunedi 15 maggio 2000
Campioni da leggenda
Il Messaggero
lunedi 15 maggio 2000 (faber ’67)
Juve sconfitta nel diluvio
La Stampa
lunedi 15 maggio 2000
Cragnotti: nel calcio esistono i miracoli
La Stampa
lunedi 15 maggio 2000
Eriksson: ci credevo solo io
Corriere dello Sport
lunedi 15 maggio 2000
Una festa da impazzire
Corriere dello Sport
lunedi 15 maggio 2000
Si Lazio è Scudetto!
Gazzetta dello Sport
lunedi 15 maggio 2000
Lazio sorpasso Scudetto
Stampa
lunedi 15 maggio 2000
Stelle in borsa
Il Messaggero
martedi 16 maggio 2000
Un’Aquila nel cielo
Calcio 2000
mercoledi 17 maggio 2000
Articoli Vari: Bombe di mercato, Prime Pagine, tabellini di partite andate e altro…
L’idea Lazio
Adua. Etiopia. Primo marzo 1896.
Sedicimila soldati italiani, comandati dal generale Oreste Baratieri, tentano un attacco disperato contro i settantamila uomini di Menelik. E’ la disfatta. E’ la fine dell’avventura coloniale voluta da Francesco Crispi. Per le truppe del Generale Baratieri è il tempo della drammatica ritirata. Tra gli scampati alla battaglia, che lasciò sul campo settemila soldati italiani, il sottufficiale romano dei bersaglieri Luigi Bigiarelli.
In Italia con la fine dell’era espansionistica del Ministero Crispi si avverte una condizione di vuoto, si avverte il bisogno di nuovi ideali e punti di riferimento. Lo sport è una risposta. Lungo le rive del Tevere fioriscono circoli esclusivi aperti alla sola nobiltà, all’intellighenzia, alla cultura. Canottieri Remo, Canottieri Aniene, Rari Nantes Roma, Canottieri Tevere, La Romana. Per i giovani le possibilità sono soltanto due: il capannone dei fratelli Talacchi e, sotto ponte Margherita, un altro capannone dal nome curioso: Pippa Nera. Sono espressioni di uno spirito sportivo ancora disorganizzato ma intenso, appassionato.
Al Pippa Nera i ragazzi sono tanti, tra loro un volto familiare: è Luigi Bigiarelli. Lo accompagnano otto inseparabili amici: il fratello Giacomo, Odoacre Aloisi, Arturo Balestrieri, Alceste Grifoni, Giulio Lefevre, Galileo Massa, Alberto Mesones, Enrico Venier.
La nascita del mito
9 Gennaio 1900. E’ l’inizio del secolo, quindi uno speciale Anno Santo. In una Roma che si muove tra le antiche carrozze e il primo tram elettrico, i nove giovani amici, capeggiati da Luigi Bigiarelli, fondano la Società Podistica Lazio, sopra una panchina del lungotevere, di fronte a Piazza della Libertà. “Roma non si può chiamare, diamogli un nome più grande, in cui Roma è compresa: Lazio”. La proposta di Bigiarelli viene accolta con entusiasmo dai ragazzi: “I colori si ispireranno alla Grecia, la patria delle Olimpiadi. Bianco e Celeste” … I primi due anni di vita, Bigiarelli e compagni li passano partecipando alle gare podistiche di tutta la regione. Poi nel 1902, tal Bruto Seghettini , socio del Racing Club di Parigi, fa conoscere il pallone ai soci della società biancoceleste. L’idea conquista immediatamente i ragazzi, che iniziano a diffondere il calcio a Roma, diventando imbattibili. La loro fama attraversa i confini regionali, tanto che la Lazio viene invitata a Pisa per disputare la finale del primo campionato centromeridionale contro la vincente di un torneo al quale presero parte il Pisa, il Livorno e il Lucca, vincitrici dei rispettivi gironi locali. E’ il Giugno del 1907 e la truppa biancoceleste, capitanata da Sante Ancherani arriva in treno alla stazione di Pisa: deve affrontare tre incontri in un solo giorno. In una giornata memorabile la Lazio vince tutte e tre le partite: Lazio – Lucca 3-0; Lazio – Pisa 4-0; Lazio – Livorno 1-0.
Da Piola alla prima Coppa Italia
Negli anni trenta la Lazio è da vertice: ci gioca il più grande attaccante italiano di tutti i tempi, colui che con 143 reti detiene un record di segnature difficilmente uguagliabile, Silvio Piola. Il primo trofeo, però, arriva solo nel 1958: la Lazio di Bernardini allenatore e Lovati capitano vince la Coppa Italia battendo in finale la Fiorentina grazie ad un gol di Prini.
La Brigata Chinaglia
La seconda vittoria sedici anni dopo: é il 1974 quando la banda di Maestrelli, dopo averlo sfiorato l’anno prima e solo due anni dopo il ritorno in serie A, vince lo scudetto grazie ad una stagione strepitosa. Mitica la formazione: Pulici, Petrelli, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi, D’Amico.
Gli anni di Piombo
Gli anni successivi allo scudetto, fino all’avvento di Cragnotti, sono costellati da innumerevoli peripezie e disgrazie, dalla malattia e poi la morte di Maestrelli alla partenza di Chinaglia per gli Usa, dalla tragica fine di Re Cecconi al calcio scommesse, dal ritorno di Chinaglia come Presidente, fino agli spareggi per evitare la serie C. Ma nella tormentata storia laziale tornerà a splendere il sole, con il ritorno in serie guidati da Eugenio Fascetti che appena un’anno prima aveva allenato la lazio del -9. In serie “A” dopo la parentesi Materazzi ad allenare la Lazio arriverà il mito del calcio italiano Dino Zoff, che in futuro diverrà un vero e proprio simbolo della società biancoceleste.
L’era Cragnotti
La Lazio con Calleri presidente, dunque torna in serie e con l’avvento di Cragnotti, conosce uno dei più grandi campioni del calcio italiano, Giuseppe Signori, per tre volte capocannoniere del campionato italiano. Un record. Cragnotti porta alla Lazio altri campioni e le regala l’Europa, dove dopo vari tentativi centra la sua prima finale, purtroppo sfortunata con l’Inter il 6 maggio 1998, ma in quello stesso anno la Lazio torna finalmente a vincere un Trofeo: si tratta della Coppa Italia vinta proprio davanti al proprio pubblico il 29 Aprile 1998, nella partita di ritorno contro il Milan. La stagione 1998/99 inzia il 29 Agosto 1998 con l’arrivo di altri grandi campioni quali Vieri, Salas e Stankovic e con il secondo Trofeo che dopo pochi mesi va ad arricchire la bacheca della Società. Sconfiggendo 2-1 a Torino la Juventus, i biancocelesti vincono la Supercoppa di Lega (Trofeo in palio tra la vincitrice della Coppa Italia e quella del Campionato). Quotata nel listino di Borsa in Piazza Affari dal Maggio 1998, la Società Sportiva Lazio S.p.A. diventa ben presto una grande realtà in Italia e all’estero.
La Lazio conquista anche l’ultima edizione della Coppa delle Coppe a Birmingham battendo il Real Mallorca 2-1, alla fine di una stagione esaltante durante la quale è per lunghi tratti in testa alla Classifica di Serie A, perdendo lo Scudetto per un punto all’ultima giornata Arriva nel frattempo la nuova stagione 1999/2000, quella del Centenario.
La Lazio è piena di nuovi campioni: nonostante la partenza di Vieri i rafforzamenti rispondono ai nomi di Veron, Sensini, Simeone e Simone Inzaghi. Pronti e via e la Lazio trionfa ancora in Europa: il 27 agosto, nello stupendo scenario di Montecarlo, gli uomini di Eriksson conquistano la Supercoppa UEFA contro il Manchester United, vincitore della Champions League 1998/99.
E’ l’anno del Centenario. I festeggiamenti iniziano il 9 gennaio 2000, con una bellissima festa allo Stadio Olimpico. Nel corso di una stagione difficile, intensa ed esaltante, la Lazio compete fino alla fine su tutti e tre i fronti nei quali è impegnata. Ne conquista due su tre. Fermata nel cammino fin lì trionfale in Champions League, ai Quarti di Finale dal Valencia di Claudio Lopez, la Lazio conquista all’ultima giornata il secondo Scudetto della sua storia. Al termine di una giornata pazzesca, con la
Juventus che perde a Perugia una partita che per via di un acquazzone rischiava di essere interrotta alla fine del primo tempo e la Lazio che, dopo la vittoria sulla Reggina, deve aspettare con 80 mila tifosi altri 45 minuti prima di urlare: CAMPIONI !
Tre giorni più tardi a Milano contro l’Inter la Lazio conquista anche la Coppa Italia grazie ad uno 0-0 che sommato alla vittoria dell’andata per 2-1 regala il terzo Trofeo stagionale.
I giorni nostri
La Stagione 2000-2001 dei Campioni d’Italia inizia ufficialmente l’8 Settembre 2000 con un’altra grande vittoria. La Lazio di Eriksson, con Roberto Mancini diventato il suo Vice, vince la Supercoppa di Lega battendo l’Inter allo Stadio Olimpico di Roma per 4 a 3. Si tratta della
settima vittoria in tre anni della Lazio di Eriksson. Nel corso della Stagione la Lazio cambia l’allenatore: dopo tre anni e mezzo di trionfi la Lazio e Mister Eriksson decidono in comune accordo di lasciarsi da buoni amici. Il giorno del suo 101° compleanno la Società biancoceleste, nel mezzo di una festa bellissima e commovente, saluta tra l’ovazione di migliaia di tifosi il Mister dagli occhi di ghiaccio ma dal cuore d’oro ed accoglie un altro grande personaggio: Dino Zoff che dichiarandosi un uomo-Lazio smette i panni da Vice Presidente, tra l’altro da poco indossati, ed accetta l’incarico di guidare la squadra. Nella stagione 2001-02, Alessandro Nesta lascia la Lazio, destinazione Milan, segno che le bandiere non esistono più. Mancini la tradisce per l’Inter. Ma la Curva Nord issa la propria: Paolo Di Canio, tornato alla Lazio per guidarla in un campionato che si annuncia difficile!
Il resto è storia dei giorni nostri.
to be continued…